Critiche
Grande conoscitore della figura umana, Adriano Bozzolo la scompone rifacendola secondo un suo ideale modulo.
I suoi bronzi evidenziano una intelligente e profonda ricerca espressa tramite una figurazione nuova e un dinamismo che potremmo definire ascetico, ottenuti con grande semplicità, sobrietà e sicurezza.
In questa nostra epoca dove (senza disconoscere quanto di buono è stato fatto da valenti artisti) insignificanti trovate realizzate sfruttando il lavoro di onesti artigiani vengono considerati capolavori, l’opera di questo scultore rappresenta e onora il pensiero e la fatica dell’uomo.
Harry Burton
...una lucida coscienza di sé e dei fondamenti della propria arte ha permesso ad Adriano Bozzolo di porsi spesso in posizione eccentrica nei confronti delle mode, anche quando pressanti esigenze di mercato avrebbero potuto fiaccare alimentando tentazioni di compromessi fuorvianti; e non vi è prova migliore di un equilibrio ormai raggiunto anche se perennemente sottoposto al rigido vaglio dell'autocritica...
Così, l'opera di Bozzolo, offre, nella sua componente "classica", continui richiami a forme ideali; in particolare, nell'insistita verticalità delle sculture, nella vibrante tensione dei corpi, soli o uniti in sinfonie di volumi e di spazi, a voler travalicare i limiti della materia alla ricerca di cosmici connubi...
Marco Züblin
...teste sottili, il portamento fiero e nello stesso tempo dolce, gambe e braccia modellate con affetto, il corpo teso nel movimento o librato nell'aria in un gioco quasi astratto di danza. Le geometrie segrete del rinascimento sono sottintese nelle forme leggere di queste danzatrici e impediscono che la luce le divori.
Liana Bortolon
...da sottolineare è, fra le sue più recenti prove, la tesa scansione plastica delle figure di adolescenti. C’è una tensione che le rende vibranti come archi condotti all’estremo della flessione. Nei gruppi femminili le cadenze danzanti sono bloccate in un armonioso equilibrio geometrico che addolcisce la proiezione dinamica delle singole figure. Si percepisce in queste descrizioni umane un anelito spirituale, si sentono le ragioni di un sondaggio rivolto alle sfere del non visibile...
Eros Bellinelli
...la figurazione di Bozzolo, si potrebbe dire discendente da una problematica affine a quella enunciata da ArchipenKo: la bellezza lineare allungata, sia pure in chiave organica e legata alla compattezza formale dell’immagine. Artista seriamente preparato, nulla concede all’edonismo mentre punta pure sulla preziosità della materia, scabra e sensibile, per raggiungere l’essenza dell’immagine scavata e vibrante in uno spazio astratto disegnato dalle forme...
Gino Traversi
Adriano Bozzolo immette una carica drammatica nelle sue visioni che irrompono con una dinamica lirica pregna di essenzialismo.
Antonino De Bono
Per Adriano Bozzolo la scultura è un fatto nel quale mestiere e creazione si fondono in virtù di un ripensamento dei valori culturali effettuato nel pieno rispetto delle leggi armoniche trasmesse dalla tradizione. Ciò non comporta affatto una sua passiva accettazione dell’arte del passato; anzi, su quella solida base egli costruisce un suo linguaggio poetico fatto di vibrazioni luminose, di dinamica tensione della forma, di sintesi attuata attraverso la conquista di un modulo stilistico profondamente meditato e dominato da un costante senso del ritmo.
Mario Monteverdi
...da anni Bozzolo si dedica in modo quasi esclusivo a studi su temi di danza e musica, e nei bronzi sulla "danza di gruppo" affronta e risolve difficili problemi compositivi. Sono soprattutto questi gruppi di figure esili, allungate i cui colli e le cui membra fanno pensare a pittori senesi e a Modigliani, che ti colpiscono. C’è in essi uno scatto felice e insieme un notevole senso del ritmo; e pure, diremmo, un’ansia di liberazione dalla schiavitù della materia...
Enzo Biasion
...Pur se nelle sue statue s'avverte che nessuna corrente del nostro tempo gli è sconosciuta e che egli non è estraneo ad alcune essenziali motivazioni di fondo dei grandi movimenti artistici del secolo (l'astrattismo ad esempio), le sue soluzioni sono sempre aldilà di esse, decisamente personali, inconfondibili.
Giuseppe Biscossa
Questo grande scultore, i cui semplici schizzi sono dei passi di danza, dei lanci nello spazio, dei fremiti di vita, realizza dei bronzi di una forza espressiva veramente straordinaria.
Innamorato della musica, della danza, del movimento, Bozzolo esprime nelle sue opere una volontà di chiarezza e di serenità.
Le sue giovani adolescenti hanno la grazia e la fragilità che danno ancora più forza espressiva all’atteggiamento colto sul vivo. Una spalla, una gamba tesa, una schiena che si stira, delle mani che si giungono, sono disposte con fermezza.
Nessun eccesso, nessuna stravaganza. Semplicità. Sobrietà. Sicurezza. Vita. Sete di luce.
Rêva Remy
...La scultura è forma pura, concetto, immagine libera, accadimento originario e, proprio in quanto a una sua apparente ovvietà figurativa, è d’interpretazione difficilissima. Ora, Adriano Bozzolo - che la scultura l’ha nel sangue e ne sente i richiami non quale mero dato espressivo (che è già molto) ma in quanto risultante poetica di una stagione viva d’interessi superiori - ci offre un eccellente occasione per soggiacere al purissimo fascino di quest’arte.
Ma guardiamo in generale alla sua esperienza creativa e diciamo subito che la scultura di Adriano Bòzzolo è una verità estetica non registrata sui canoni della pedanteria figurativa (Messina) o su quelli della pura ricerca formale (Giacometti) o addirittura della caratterizzazione per suggerimenti (Moore), ma piuttosto tesa a una casta vibrazione dell’immagine modellata, palpitante di sensazioni cangianti e lontano da ambiguità stilistiche.
Le soluzioni plastiche di Bòzzolo si propongono così in una certezza ideale di motivi mai subordinati dalla suggestione degli effetti o dalla sudditanza calligrafica del linguaggio, in quanto l’artista sa benissimo sfuggire alla tentazione del concitato o del prevedibile, traducendo con sobrietà d’impasti l’alta armonia della figura. Lo scultore riesce perciò ammirabilmente innalzare nella snellezza delle forme quasi in una contemplazione en plein-air stupita e innocente, le voci squisite di una bellezza che non ha l’insolenza di un messaggio o la provocazione o l’aggressività della narrazione a tesi, ma l’incedere in trepidante serenità di una composizione classica.
Se poi osserviamo il risultato, l’esito stilistico che ne scaturisce dal modellare di Adriano Bòzzolo, scorgiamo nella semplicità della linea il dato fondamentale del suo colloquio poetico con la materia. Una semplicità che diventa forza espressiva e incisivo elemento di tensione formale dove la figura trova una propria dimensione anche culturale, il suo segmento di congiunzione con quell’umanesimo che in Bòzzolo non è un breviario di norme, ma una condizione intellettuale costantemente seguita senza oscillazioni di scuola o dichiarazioni di fede. Ed ecco il ritmo fresco incoraggiante del modello, l’icastica sollecitazione dei timbri in coerente rapporto con lo spazio, la misurata struttura dell’insieme in riuscita sintesi di movenza e espressione, la seducente eloquenza del linguaggio cadenzato con pochi tratti decisivi: e su tutto gli echi ostinati della passione. Perché nell’opera di questo lombardo di antica razza con propensioni ticinesi è il calore che promana da un’ansia narrativa non dispersa da manierismi ma raffinata da ispirate elaborazioni espressive musicalmente disposte e tese.
Le sue danzatrici, adolescenti che si muovono spiritualizzandosi quasi in una gotica invocazione d’infinito, i suoi cavalli caduti avvolti da ingenerosa sorte e che raggiungono livelli di perentorietà formale, i volti umani dove emergono un pensamento ed una interiorità che danno fiamma perenne al modularsi dei caratteri, le stesse pitture in cui una chiarità di figurazione conforta l’opera maggiore o i bassi rilievi che illuminano di lancinanti persuasioni le occasioni del racconto e della meditazione e, ancora, quella prepotenza narrativa che si scorge nelle pieghe anche le più remissive di questa testimonianza poetica, sono i termini decisivi per la comprensione inequivocabile di Adriano Bòzzolo. Se la figura non dimentica la tradizione (e perché dovrebbe?), si legge egualmente il segno incisivo e penetrante di un dire per emozioni e dove manca fortunatamente l’inesorabile e falsa ambiguità di certe esperienze contemporanee che pretendono ironia o polemica dove sarebbe sufficiente sincerità di scrittura. Sono, queste di Bòzzolo emozioni che, rifiutando ogni impassibilità descrittiva nascono da contenuti che si svolgono in una limpida successione di contrappunti e di consolazioni.
E’ una scultura, quindi che nega l’esperimento inteso quale propensione verso l’imprevisto o l’inutile ed evita di esporsi come pretesto di controversie estetiche prive di modalità sostanziali e improrogabili necessità filologiche per mostrarsi, o meglio, dimostrarsi, invece nella sua ardente liricità ed in una libertà ampia e definitiva che è, questa volta sì, verità morale e dignità culturale.
Francesco Travaglia
Le qualità plastiche di Adriano Bozzolo sono state additate nella fermezza espressiva che le impronta, nel dinamismo delle loro forme e nella vitalità delle loro immagini. Esse hanno però anche un’altra dote su cui forse a torto si è meno insistito e che si potrebbe situare in una "temperie" tutta psicologica. Infatti questo scultore è un diretto discendente di quegli artisti lombardi che espressero i dubbi, le eccitazioni, le aspirazioni del loro spirito.
Per Bozzolo, passato attraverso molteplici dolorose esperienze (tuttavia mai approdate nelle sue stagioni artistiche), modellare rappresenta la via liberatoria, catartica, del suo cammino di uomo e artista. E’ come se egli tendesse su una sofferta realtà un velo fatto di giochi alterni e iterati di immagini consolatorie e la sua opera è più ricca quando quella scorta di mondo primitivo, insieme innocente e magico, diventa contemporaneamente sogno e simbolo, sublimati in una diversa realtà.
In Bozzolo il recupero, direi quasi la captazione, di un’antica legge di proporzioni e di armonia - come i millenni glie l’hanno insegnata - è, a suo modo un’astrazione: astrazione da tanta avanguardia e sperimentalismo fini a se stessi. La sua tipologia, per nulla archeologica anche se di alessandrino ha il rapido afferrare di un movimento o di un atto nel suo immediato prodursi, rappresenta una riproposta "umanistica", così poco tentata oggigiorno.
Alle maternità, alle danzanti adolescenti di un sicura eleganza ritmica ed esecutiva, lo scultore affida il compito di rendere evidente ciò che di più intimamente consapevole l’uomo porta con sé: l’anelito mai perduto alla poesia, all’amore che, per quanto delusi e irrisi, sono i protagonisti della sua opera.
Vera Prampolini